La dieta mediterranea abbassa la mortalità degli anziani. I dati dello studio InChianti

La dieta mediterranea, si sa, contribuisce ad abbassare il rischio di diverse patologie e in generale è considerata migliore della maggior parte dei regimi alimentari, dal punto di vista della salute. Tuttavia negli ultimi tempi si è molto discusso su cosa significhi realmente questo termine, su quali alimenti si possano far rientrare in questa dicitura, e su quali siano gli effetti misurabili, soprattutto sulla longevità. Ora alcune risposte giungono da uno studio molto dettagliato, durato vent’anni e condotto in uno dei Paesi dove questo tipo di alimentazione dovrebbe essere centrale per i suoi abitanti: l’Italia e, in particolare, la Toscana. I ricercatori dell’Università di Barcellona, insieme con i colleghi statunitensi e italiani, hanno appena pubblicato su BMC Medicine quanto osservato sulla popolazione di 642 over 65 del progetto InChianti, seguita allo scopo di verificare gli eventuali rapporti tra il tipo di dieta e la mortalità generale e associata ad alcuni tipi di malattie.

Per avere parametri oggettivi, gli autori avevano a disposizione i dati di periodici prelievi di sangue e urine di tutti i partecipanti. Quindi hanno cercato, nei campioni, la presenza dei metaboliti di alcuni dei principali biomarcatori della dieta mediterranea quali i polifenoli e il resveratrolo urinari totali, i carotenoidi, il selenio, la vitamina B12, l’acido linoleico e omega-3, il rapporto tra acidi grassi monoinsaturi e saturi nel plasma. I ricercatori hanno poi messo in relazione questi dati con la dieta riferita e con i tassi di mortalità generale e specifica.

Hanno così visto che nel periodo di osservazione si erano verificati 435 decessi, di cui 139 per patologie cardiovascolari e 89 per tumori, e che la mortalità generale era inferiore in chi aveva regolarmente nel proprio organismo quantità maggiori di metaboliti della dieta mediterranea. Lo stesso tipo di associazione si ha con la mortalità per malattie cardiovascolari, ma non con quella attribuibile a un tumore. Molto meno affidabili, invece, si sono rivelate le risposte ai questionari sulle abitudini alimentari: anche quando le persone hanno riferito di avere una dieta classificabile come mediterranea, non è emerso un legame significativo dal punto di vista statistico, a riprova i quanto sia rischioso affidarsi, come accade in molti studi, solo a quanto i partecipanti affermano di mangiare o bere.

Secondo gli autori, al contrario, aver individuato metaboliti facili da quantificare e associati alla mortalità ha due tipi di conseguenze: da una parte conferma la bontà di questo regime alimentare, soprattutto nei confronti delle malattie cardiovascolari e della longevità, e dall’altra suggerisce che, in base proprio al dosaggio di questi indicatori, sia possibile correggere le diete più squilibrate per riportarle entro range di normalità e, auspicabilmente, entro i valori collegati a un allungamento della vita.

 

Articolo di: “ilfattoalimentare.it”