Europei 2021: la dieta dell’Italia

Uno staff di nutrizionisti, un cuoco di grande esperienza: agli Europei 2021, la nazionale italiana vince sicuramente il titolo per l’attenzione maniacale al cibo e la qualità dei piatti. Vi raccontiamo perché

Gli Azzurri hanno le carte in regola per vincere gli Europei 2021 che per loro inizierà venerdì 11 affrontando la Turchia. Ma il calcio non è una scienza esatta mentre cucina e nutrizione sì. E in questo caso la Nazionale non ha rivali nel mondo, perché sono due aspetti seguiti nei minimi dettagli, come ha scoperto La Cucina Italiana parlando con i responsabili dei due settori: il nutrizionista Matteo Pincella e il cuoco Claudio Silvestri. Persone di grande esperienza, che ci hanno raccontato come lavorano e come si comportano i nostri eroi della pedata.

Una storia giovane

Matteo Pincella ha due lauree (in Alimentazione e Nutrizione Umana, in Scienze e Tecniche dello Sport), è biologo nutrizionista e ha iniziato a occuparsi degli sportivi nel 2004, con il rugby. Nel 2012il salto di qualità: viene chiamato a ricoprire il ruolo di nutrizionista della prima squadra della Juventus e della Primavera. Quattro anni dopo, diventa nutrizionista della Nazionale di calcio e responsabile del Dipartimento di Nutrizione dell’Area Performance di Casa Italia. Un compito che dal 2019 svolge anche per l’Inter F.C. «Nel calcio, si è iniziato a parlare di nutrizione a fine anni Novanta, curiosamente in Inghilterra grazie a un grande allenatore francese come Arsène Wenger», racconta Pincella. «Ma solo nel decennio successivo si è cominciato a ragionare seriamente. Difatti, è da una decina di anni che nella Serie A il nostro lavoro ha assunto un significato: prima si curava pochissimo la nutrizione e ci si accontentava che i calciatori non esagerassero. Anche per questo, non aveva senso fare una rivoluzione bensì  portare un nuovo modo di ragionare poco alla volta». Pincella è arrivato a Coverciano in punta di piedi, con allenatore Prandelli, e ora guida un vero team: sette nutrizionisti, uno per ogni squadra azzurra. Tuttibiologi nutrizionisti come lui, che sanno scegliere e conoscono il senso di ogni alimento, inserito in un programma volto a migliorare allenamento e prestazione.

Dieta mediterranea

«Ci sono tre elementi alla base di quanto faccio per gli Azzurri: far seguire loro una alimentazione realmente mediterranea e non gourmet occidentale come spesso succede nelle squadre di club; la grande attenzione all’idratazione; una corretta preparazione di ogni alimento alla ricerca di gusto, leggerezza e digeribilità», spiega Pincella. Poi è importante, nel rispetto di qualche intolleranza, creare una situazione di uniformità alimentare perché se è vero che ogni giocatore ha le sue debolezze e le sue idiosincrasie («Esattamente come tutti noi, ci sono golosi o indifferenti, grandi amanti del pesce o della carne, goderecci o severi», dice), ci vuole regolarità. Perché favorisce la salute generale e crea un effetto dove i più bravi a tavola diventano esempio per gli altri. Mai dimenticare che il pranzo e la cena sono il momento della massima convivialità e bisogna essere sereni. «Per questo è finita l’epoca di stare poco a tavola mangiando in fretta: fa male e ci si stressa. Gli atleti della Nazionale italiana stanno seduti mediamente 40 minuti e ci si alza quando gli anziani chiedono se sono tutti a posto. E una volta alla settimana, non c’è dieta che tenga: il cuoco prepara un menu curato, ma goloso, senza che i nutrizionisti controllino i dettagli».

Prima della partita

Il momento più delicato è senza dubbio il pre-partita. Quando si gioca alla sera, ecco che la merenda diventa importante. «Alle 17 il cuoco prepara della pasta lunga con pomodoro e parmigiano. Faccio preparare anche dei toast con della fesa di tacchino e della pasticceria a base di frutta secca. Il pane è solo semi-integrale, la frutta non manca mai e preferisco che venga consumata al naturale che in frullati e centrifugati», spiega Pincella. Non possiamo esimerci dal chiedere un consiglio su come un normalissimo appassionato debba nutrirsi dopo la classica partita di calcetto o di tennis. «Sicuramente, prima di mangiare bisogna pensare a recuperare l’idratazione e i sali. Dopo si passa al cibo, con la buona regola di evitare le pizze commerciali che sono l’antitesi di quanto serve. L’ideale sarebbe un bel crudo di pesce, con del riso in bianco. In ogni caso, bisogna puntare su qualcosa di gustoso, ma soprattutto digeribile»

Linee guida

E veniamo al regista dei fornelli azzurri. Chi ama gli spot e ha buona memoria si ricorderà di Claudio Silvestri, fiorentino doc, protagonista di una campagna per la Nutella Ferrero dove (giustamente) si vantava di essere il cuoco campione del mondo. In effetti, ha iniziato a occuparsi dei ragazzi azzurri nel 2004 e li ha nutriti nel trionfo (al Mondiale 2006) e nella sconfitta. «Cosa è cambiato in quasi 20 anni? L’avvento del nutrizionista: ha consentito di ragionare ancora di più sulla ricerca per le cose buone, che ci ha sempre ispirato. Diciamo che siamo riusciti a trasformare il concetto di dieta,  sempre poco amato, in qualcosa che rende il tutto più appetibile possibile, seguendo delle linee guida. Poi, inutile negare che più ci si avvicina alla partita e più bisogna stringere le maglie, creando una cucina essenziale, con nessuna debolezza», spiega Silvestri.

La dispensa per le trasferte

Si resta sempre stupiti del fatto che la Nazionale, in occasione di tournée o campionati fuori dall’Italia, si porti dietro una dispensa non secondaria. Un conto, pensiamo noi, è giocare a Singapore e un altro in Germania. «Lo so che molti ci prendono per strani o viziati, ma la realtà è diversa: c’è sicuramente un aspetto psicologico perché fa piacere trovare a tavola qualcosa di familiare anche se sei a 10mila km da casa. Ma sostanzialmente il concetto nasce dal fatto che alcuni alimenti non si trovano, allo stesso livello, in trasferta: penso al parmigiano, al prosciutto crudo, all’extravergine, alla bresaola che adorano in tanti. Ecco il motivo di portarseli dietro», spiega il cuoco azzurro. Il menu non concede nulla che non sia italiano, di contaminazione non se ne parla. La trasgressione collettiva è la pizza in teglia, con un impasto lievitato almeno 48 ore. La carne ormai è limitata a due-tre piatti nella settimana tipo, mentre il fish burger sta diventando passione per gli Azzurri.

Il risotto della scaramanzia

In verità, il signature dish di Silvestri è il risotto alla parmigiana che da 17 anni viene preparato il giorno precedente alla partita. Buonissimo, pare, ma anche scaramantico. Tanto che proprio al Mondiale in Germania del 2006, il cuoco rischiò l’infarto per averlo mezzo bruciato prima del quarto di finale con l’Ucraina. «Lo staff al completo era di una cinquantina abbondante di persone, ho scoperto al momento che non c’erano le pentole giuste e ho cucinato dividendo la preparazione tra molti pentolini, rovinandolo in buona parte. Ero terrorizzato che portasse male ai ragazzi, invece abbiamo passato il turno e vinto successivamente il titolo!». Alla tavola azzurra si sono seduti molti gourmet? «Sono cose nostre… e non posso rivelare troppo. Diciamo che Bonucci è una persona che si intende molto di cibo, D’Ambrosio è un grande appassionato tanto da avere aperto un locale a Milano e mister Lippi non sbaglia mai sul pesce», confessa il cuoco. Che ci tiene a sottolineare un altro aspetto. «Mi è capitato di incontrare e vedere cosa combinavano i colleghi delle altre nazionali in hotel dove le loro squadre alloggiavano con la nostra. Con tutto il rispetto, sul fronte nutrizione e cucina non c’è partita». Ne siamo certi, una volta di più.

 

Articolo di: “www.lacucinaitaliana.it”