Alimenti sani per i bambini: dopo i due anni non sono diversi da quelli per gli adulti

Non esiste alcun cibo specificamente sano per i bambini dopo i due anni di età. Il cibo sano per loro è quello che va bene per gli adulti, anche se le dosi e la palatabilità possono richiedere aggiustamenti legati allo sviluppo. Bisogna invertire attivamente la tendenza a consigliare e proporre alimenti e menu dedicati ai bambini. Spesso infatti, dietro a nomi promettenti, si celano cibi ultra-trasformati, tutt’altro che sani. Inoltre, i cosiddetti cibi per bambini favoriscono l’instaurarsi di abitudini errate, scoraggiano il senso di scoperta, alimentano la neofobia (paura dei sapori nuovi) e creano piccoli ‘schizzinosi’ che, anche da adulti, saranno più inclini a consumare poche tipologie di alimenti, per lo più industriali.

È una presa di posizione davvero molto netta quella pubblicata all’inizio del 2022 in un position paper della Society for Nutrition Education and Behaviour sul suo organo ufficiale. Nel documento, si spiega da che cosa nasce il fenomeno commerciale dei cibi per bambini e si forniscono molti consigli e indicazioni sugli strumenti presumibilmente più efficaci per porvi fine. Si chiarisce inoltre che l’unica giustificazione per l’esistenza di prodotti specifici destinati ai bambini è legata al marketing e che la salute dei più piccoli non è affatto tenuta nella giusta considerazione da parte di chi vende tali alimenti.

Secondo gli autori, almeno negli Stati Uniti, l’idea ha una data di nascita ben precisa: gli anni del proibizionismo sugli alcolici. Per contrastarne gli effetti economici, le aziende hanno inventato la nuova nicchia dei prodotti per l’infanzia. La speranza era quella di intercettare le preoccupazioni dei genitori e di conquistarli con la semplificazione e l’accorciamento dei tempi di preparazione e la proposta di alimenti e bevande pronti e graditi ai bambini. L’idea si è rivelata vincente e la sua crescita è stata ininterrotta, al punto che oggi l’alimentazione rivolta all’infanzia rappresenta una parte importante del mercato alimentare in tutto il mondo.

Dai cereali per la colazione alle crocchette di pollo, dalle bevande zuccherate agli snack per la scuola, non c’è momento della giornata di un bambino che non sia potenzialmente accompagnato da uno specifico prodotto, quasi sempre definito sano. Parallelamente, i tassi di sovrappeso e obesità infantile sono in costante aumento in tutto il mondo. Per questo è indispensabile agire in modo drastico, se si vuole evitare di crescere generazioni di candidati a malattie croniche. A cominciare da un profondo cambiamento culturale, sottolinea la Società, che passa attraverso l’aumento del livello di consapevolezza dei genitori e la modifica di idee che sono state rinforzate da decenni di pubblicità.

Per raggiungere questi obiettivi è indispensabile agire su più fronti.

  • Sui bambini: modificando abitudini, credenze, informazioni, agendo sulla pubblicità a cui sono esposti, valorizzando le tradizioni culturali alimentari e la capacità di resistere alle tentazioni e insegnando loro a cucinare e a comprendere il cibo;
  • Sulla famiglia: oltre a ciò che vale per i bambini, la famiglia deve essere più informata sui rischi per la salute e deve essere stimolata a puntare sulla coesione e sul ruolo dei genitori. Inoltre deve essere messa in condizione di non aver bisogno di ricorrere ad alimenti supereconomici e di pessima qualità. Deve inoltre valorizzare la preparazione del cibo;
  • Sulla comunità: bisogna agire sulla pubblicità, sulla percezione del rischio, sulla promozione di stili di vita salutari e sull’ecosistema sociale, a cominciare dai pasti scolatici per continuare con il tipo di rivendite presenti sul territorio, così come accrescere l’attenzione sulle azioni e iniziative delle aziende, rispondendo con adeguate campagne educative e informative e con leggi specifiche a livello locale;
  • Sugli Stati e i Governi: in questo caso l’attenzione deve essere rivolta a campagne nazionali che valorizzino, tra l’altro, la lotta alle disparità culturali e sociali e quindi alimentari e facciano capire la responsabilità sociale delle aziende. Gli organismi statali devono rendere noti documenti di indirizzo e linee guida facilmente applicabili e comprensibili;
  • Sulla cultura dominante: bisogna combattere tutte le discriminazioni e i pregiudizi e lottare contro la promozione commerciale di stereotipi di ideali fisici che non corrispondono alla realtà e che alimentano comportamenti patologici. Inoltre si devono regolare per legge le dimensioni delle porzioni dei cibi venduti e promuovere l’idea del pasto come momento comunitario, di condivisione e socializzazione, oltreché come strumento per abbattere le disuguaglianze e combattere la fame e la malnutrizione.

 

Articolo di: “www.ilfattoalimentare.it”