Una food policy per Roma: cos’è e perché alla capitale italiana serve una “politica del cibo”?

Roma sceglie la food innovation e una visione ecologica del cibo nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Lo fa attraverso l’approvazione, il 28 aprile 2021, di un importante delibera che sancisce la volontà della Capitale di sviluppare una propria “Politica del Cibo”, sul modello del Patto di Milano, un accordo firmato da 220 città a livello mondiale impegnate a promuovere una serie di azioni di questo tipo sui singoli territori.

L’adozione di una Food Policy a livello locale – soprattutto su una superficie ampia e nevralgica come quella romana – significa mettere al centro della progettazione urbana e sociale l’agricoltura e il cibo, nella consapevolezza che un approccio sostenibile a queste tematiche ha un effetto concreto sull’intera cittadinanza. La Food Policy di Roma, infatti, non soltanto è stata approvata all’unanimità dall’assemblea capitolina, ma è anche frutto di un lungo percorso dal basso, coordinato dal Consiglio del Cibo, un network di 50 associazioni, reti e realtà accademiche unitesi nel 2019 proprio con la proposta di dotare il Comune agricolo più grande d’Italia di un piano strategico per una politica alimentare.

PERCHÉ È IMPORTANTE UNA FOOD POLICY URBANA?

Cambiamenti climatici, agricoltura e alimentazione sono questioni fortemente intrecciate. Come ci hanno raccontato il giornalista Stefano Liberti e l’attivista Fabio Ciconte, in Italia il mondo agricolo è il primo ad accorgersi concretamente degli effetti della crisi climatica, ma è anche uno dei principali responsabili. L’agricoltura causa, infatti, il 25% delle emissioni di gas serra su scala globale.

La risposta a questo fenomeno che sta già trasformando il settore primario italiano non può prescindere da un coinvolgimento attivo delle città. Tra le azioni concrete per essere – collettivamente e individualmente – più sostenibili, c’è innanzitutto la lotta contro gli sprechi, un miglioramento della gestione dei rifiuti, il sostegno a forme agricole non intensive e rispettose dell’ambiente in cui si collocano.

Problematica non meno rilevante è l’aumento della popolazione concentrata proprio nelle città e, di conseguenza, l’aumento della domanda di cibo concentrata in pochi luoghi, talvolta non prossimi agli spazi della produzione. Come rifornire in maniera sostenibile un centro urbano? Come garantire l’accesso al cibo – e in seconda battuta a quello sano – a una popolazione ampia, diversificata e in continua crescita? Sono solo alcune delle domande a cui gli amministratori locali sono chiamati a rispondere e che evidenziano come sia necessaria una sinergia tra campagna e città, e un superamento dell’idea che l’una e l’altra siano separate.

In quest’ottica, già nel 2014 ha preso avvio un percorso di progettazione partecipata che ha portato all’approvazione di una Food Policy a Milano. Cinque anni dopo un processo simile si è sviluppato anche a Roma fino all’approvazione della “Politica del Cibo”.

FOOD POLICY DI ROMA: OBIETTIVO FAME ZERO E LOTTA CONTRO GLI SPRECHI

Roma non è soltanto la Capitale d’Italia, ma anche il più grande Comune agricolo d’Europa. Circa metà dei 128.530 ettari di superficie cittadina, infatti, sono dedicati al settore primario. Inoltre, si contano circa 2.654 aziende agricole, 15.806 occupati, 127 mercati rionali, 55 Gruppi di acquisto solidale e numerose esperienze di economia sociale e solidale che promuovono sistemi di distribuzione alternativa, con una sensibilità al tema degli sprechi alimentari. Ne avevamo parlato, ad esempio, con Gaga Pignatelli della Cooperativa Pangea-Niente Troppo attiva ben dal 1993 a Roma.

L’adozione di una Food Policy da parte dell’assemblea Capitolina è il primo passo per lo sviluppo di singole politiche orientate a un duplice fine: assicurare l’accessibilità a un’alimentazione sana nell’ottica del raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile “Fame Zero” e, contemporaneamente, agire contro gli sprechi alimentari.

Tra le azioni che saranno implementate il Comune di Roma evidenzia:

  • la valorizzazione della filiera agroalimentare estesa e della filiera corta;
  • l’accesso alle risorse primarie per la produzione;
  • il supporto a nuove imprese agricole, con particolare riguardo all’imprenditoria femminile e giovanile;
  • la promozione delle specificità territoriali;
  • il consolidamento dei sistemi di etichettatura territoriale;
  • la sperimentazione della tracciabilità di filiera.

A esse si affiancheranno azioni coordinate e partecipate di raccolta e redistribuzione alimentare contro gli sprechi e un’attenzione a forme di sviluppo definitive di “multifunzionalità” come l’agricoltura pedagogica e gli agrinido. 

La sindaca di Roma, Virginia Raggi commenta: “Dotare Roma, il Comune agricolo più grande d’Italia, di una Food Policy significa garantire ai cittadini l’accesso a un cibo più sano ed ecologico. Ma significa anche puntare sull’agricoltura locale, favorendo chi produce tali risorse, soprattutto durante questo periodo di crisi. Sono sicura che ora Roma Capitale potrà beneficiare, per la prima volta, di una vera e propria politica del cibo volta alla sostenibilità e alla riduzione degli sprechi”.

LA SODDISFAZIONE DEL “CONSIGLIO DEL CIBO”

La società civile è stata, infine, a sua volta protagonista dell’adozione della delibera per una Food Policy a Roma attraverso il “Consiglio del Cibo”. Come anticipato, si tratta di un’alleanza composta da 50 associazioni, aziende agricole, personalità del mondo della ricerca scientifica e dell’Università coordinate da associazione Terra! e Lands Onlus proprio per stimolare l’adozione di una “politica del cibo” moderna e sostenibile nella Capitale. Tra i membri, si contano Slow Food Roma, la Rete romana di economia sociale, Assobotteghe, Fairwatch, Refoodgees, la Cooperativa Co.r.ag.gio.

“Per Roma è un risultato importante” dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! “Un risultato raggiunto con un processo nato dal basso e accolto dalla politica in un atto ufficiale.” Ma il Consiglio del Cibo è già orientato ai contenuti della Food Policy e propone tre ambiti di azione per lo sviluppo delle iniziative concrete.

In particolare, si chiede che la strategia agricola cittadina si occupi di:

  1. garantire l’accesso a un cibo ecologico e ridurre gli sprechi, attraverso un potenziamento della quota di prodotti locali nelle mense scolastiche, il sostegno alle filiere di solidarietà e di economia solidale, nonché ai mercati cittadini;
  2. migliorare l’accesso alle risorse primarie e fermare il consumo di suolo, ad esempio mettendo a bando le terre pubbliche abbandonate per favorire così l’avviamento al lavoro agricolo dei giovani;
  3. potenziare le filiere corte, grazie all’ampia rete di mercati rionali che può e potrà coinvolgere un maggior numero di contadini.

Infine, il gruppo del “Consiglio del Cibo” guarda all’attualità e all’aumento della povertà alimentare, tra le conseguenze della pandemia dal Covid-19. Sottolineano come il contrasto a questa emergenza debba essere “uno degli obiettivi più urgenti che una food policy oggi può perseguire. La politica deve lavorare per ridurre le diseguaglianze: con la food policy potrà farlo rafforzando al contempo i legami tra campagna e città, fra produzione e consumo, tra cibo e salute. Una politica per i diritti e per l’economia del territorio”.

 

Vi piacerebbe che anche la vostra città adottasse una Food Policy?

 

Articolo di: “www.ilgiornaledelcibo.it”