Un tempo si imparava a cucinare guardando le mani della nonna impastare senza bilancia. Oggi, basta un reel da 15 secondi su TikTok con una colonna sonora catchy e voilà: una ricetta diventa la star indiscussa delle cucine di mezzo mondo.
Nel regno delle ricette virali, il successo non si misura più in stelle Michelin, ma in like, share e visualizzazioni. Ma mentre ci innamoriamo di un piatto perché “lo fanno tutti”, viene spontanea una domanda: da dove viene davvero questa ricetta? E soprattutto… chi l’ha inventata prima che diventasse cool?
Quando il cibo diventa virale: tra hype e identità
Una ricetta virale è quella che, per qualche strana alchimia digitale, inizia a comparire ovunque: sui social, nei blog, nei menù dei ristoranti. Spesso parte da un video ben montato, con una spolverata di estetica e un pizzico di novità.
Il potere dei social ha trasformato il modo in cui scopriamo, cuciniamo e interpretiamo il cibo. Piatti regionali o dimenticati possono diventare globali nel giro di una settimana. Ma in questa corsa alla popolarità si perde spesso qualcosa: il contesto culturale da cui tutto è partito.
Cinque ricette virali e le loro vere origini
1. Dalgona Coffee – Il caffè montato che viene da lontano
Durante il lockdown del 2020, milioni di persone hanno montato istintivamente zucchero, acqua e caffè istantaneo per sentirsi un po’ meno soli. Nasce così il Dalgona coffee, diventato virale su TikTok.
Ma sorpresa: in realtà si tratta di una versione più scenografica di bevande già diffuse in India, Pakistan e Macao, dove il “caffè montato” è una tradizione da anni. Il nome “Dalgona” viene dalla Corea del Sud, in riferimento a un dolce caramellato simile per gusto e aspetto.
Risultato? Un caffè globale con radici multiple… e milioni di click.
2. Ramen Burger – Il panino che ha messo i noodles al posto del pane
Inventato da Keizo Shimamoto a New York, il ramen burger ha fatto il giro del mondo: due dischi di noodles croccanti al posto del pane e un hamburger al centro.
Geniale? Forse. Provocatorio? Sicuramente. Tradizionale? Decisamente no. In Giappone i ramen restano sacri nella ciotola, e l’idea di schiacciarli come panino potrebbe far storcere qualche naso. Ma tant’è: il ramen burger è diventato l’icona dello street food creativo americano.
3. Avocado Toast – L’esotico che veniva da casa
Simbolo della generazione millennial, l’avocado toast è stato osannato come la colazione del futuro, la merenda sana, il pranzo veloce dei freelance da coworking.
Ma l’idea di mettere avocado schiacciato sul pane è tutt’altro che nuova. In Australia esiste dagli anni ’90, mentre in Messico l’avocado viene abbinato a tortilla e pane da generazioni. Ancora una volta, l’“invenzione” è in realtà una reinterpretazione occidentale di sapori esotici già ben noti.
4. Pasta al Pistacchio – TikTok scopre la Sicilia
Verde, cremosa, sorprendente: la pasta al pistacchio ha conquistato i social grazie a video ipnotici dove la salsa si mescola in slow motion con rigatoni perfettamente al dente.
Eppure in Sicilia questo piatto esiste da sempre. Niente di nuovo, insomma. Solo un altro caso in cui la cucina regionale diventa “esotica” quando vista da fuori. È un po’ come se qualcuno scoprisse la carbonara e la lanciasse come “creamy eggy pasta from Rome”.
5. Sushi Tacos / Sushi Donuts / Sushi Bake – Gioco creativo o sacrilegio?
Il sushi, con la sua estetica perfetta, è da anni il re delle reinterpretazioni virali. Dai sushi tacos (nori piegato a forma di taco) ai sushi donuts (riso a forma di ciambella con topping colorati), fino al sushi bake (una teglia di sushi “al forno”), le variazioni sono infinite.
I giapponesi, però, sono divisi: c’è chi le trova divertenti e chi le vive come una distorsione irrispettosa. Come sempre, dipende da quanto si conosce – e si rispetta – la tradizione.
Tradizione, ispirazione o appropriazione?
Quando un piatto esce dal suo contesto e diventa virale, sorge una domanda delicata: è omaggio o appropriazione?
L’appropriazione culturale in cucina si verifica quando si prende un elemento tradizionale di una cultura, lo si commercializza o “reinventa”, ignorandone completamente l’origine o il significato. Ma la cucina è anche un mondo ibrido per natura: da sempre gli ingredienti viaggiano, si contaminano, si trasformano.
La chiave, forse, è proprio lì: non è sbagliato reinterpretare, ma è importante riconoscere. Dare credito. Ricordarsi che dietro un piatto c’è una storia, e spesso anche una comunità.
Perché ci innamoriamo di certe ricette?
La verità? Le ricette virali ci conquistano perché sono belle da vedere, facili da fare, e ci fanno sentire parte di qualcosa.
La psicologia del trend è potente: vogliamo provare quel piatto che “sta spopolando”, lo condividiamo, lo rifacciamo a modo nostro. Gli ingredienti “instagrammabili” (pensa all’avocado, al pistacchio, al matcha) sono quelli che fanno colpo a prima vista. Ma spesso dietro c’è anche un bisogno più profondo: comfort, nostalgia, curiosità, senso di appartenenza.
Dove finisce la moda, dove inizia la memoria?
Una ricetta virale è come una cartolina: colorata, immediata, ma spesso priva di profondità. Eppure, ogni piatto che entra nel nostro feed ha una storia da raccontare.
Cucinare con consapevolezza significa anche questo: sapere che dietro un trend c’è (quasi sempre) una cultura, una tradizione, una nonna che ha cucinato quel piatto molto prima di TikTok.